Carri armati leggeri italiani: 1919-45

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Carri armati leggeri italiani: 1919-45 (Filippo Cappellano)

Recensioni dei lettori

Riepilogo:

Il libro “Carri armati leggeri italiani 1919-1945” offre un'esplorazione dettagliata dello sviluppo e della storia operativa dei carri armati leggeri italiani durante la Seconda Guerra Mondiale, sottolineando i loro limiti e contestualizzando le loro prestazioni nell'ambito della dottrina militare e delle capacità industriali italiane. Il libro è ben illustrato e ricco di ricerche, il che lo rende accessibile sia ai lettori occasionali che agli appassionati.

Vantaggi:

Il libro è informativo e ben studiato, con numerose illustrazioni e fotografie. Delinea efficacemente il contesto storico dello sviluppo dei carri armati italiani, fornendo approfondimenti sulla dottrina militare, sulle sfide progettuali e sull'impiego operativo. I lettori hanno notato lo stile di scrittura accattivante e la panoramica completa, che lo rendono una risorsa adatta sia agli appassionati che ai modellisti.

Svantaggi:

Alcuni lettori hanno espresso il desiderio di avere informazioni più dettagliate su modelli specifici, come l'L6/40, e hanno notato la mancanza di resoconti approfonditi sull'uso effettivo in combattimento. Inoltre, alcune critiche hanno menzionato un numero di disegni a colori inferiore alle aspettative. La natura sintetica del libro ha limitato l'approfondimento di alcuni argomenti, portando a una potenziale mancanza di dettagli per coloro che cercano resoconti di battaglia approfonditi.

(basato su 25 recensioni dei lettori)

Titolo originale:

Italian Light Tanks: 1919-45

Contenuto del libro:

L'esercito italiano, a differenza di quelli britannici e francesi, non utilizzò carri armati in combattimento durante la Prima Guerra Mondiale e, nel novembre 1918, era stata costituita una sola unità di addestramento equipaggiata con carri armati francesi Schneider e Renault. Questo fatto influenzerà in larga misura lo sviluppo dei mezzi corazzati italiani nel periodo tra le due guerre: non avendo avuto la possibilità di valutare in prima persona l'uso dei mezzi corazzati sul campo di battaglia, e data l'impostazione strategica generale che vedeva l'Italia prepararsi a una possibile guerra contro la Francia o la Jugoslavia (i cui confini con l'Italia erano situati in un territorio montuoso), la componente corazzata e meccanizzata dell'esercito italiano fu messa in secondo piano e considerata di secondaria importanza.

Di conseguenza, negli anni Venti l'esercito italiano aveva un solo carro armato nel suo inventario corazzato: il Fiat 3000. Si trattava di una versione migliorata e costruita in Italia del carro armato leggero francese FT 17, di cui furono costruiti circa 100 esemplari, ma non fu condotta alcuna sperimentazione nel campo della blindatura, ad eccezione dello sviluppo di AFV gommati da utilizzare nelle colonie africane. Solo nel 1927 fu costituita la prima unità di carri armati come branca della fanteria (come per altre truppe specializzate come gli Alpini o i Bersaglieri) e non come organizzazione indipendente, mentre la cavalleria rifiutò l'idea sia dei carri armati che delle autoblindo e decise di rimanere fedele all'uso del cavallo per le sue unità montate.

Di conseguenza, gli italiani entrarono nella Seconda Guerra Mondiale senza un carro armato in grado di affrontare i carri armati medi nel deserto del Nord Africa. Nella prima campagna contro di loro, un esercito di 30.000 soldati britannici distrusse un esercito italiano di oltre 250.000 unità.

Altre informazioni sul libro:

ISBN:9781849087773
Autore:
Editore:
Lingua:inglese
Rilegatura:Copertina morbida
Anno di pubblicazione:2012
Numero di pagine:48

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Ultima modifica: 2024.11.08 20:28 (GMT)