Shakespeare, drammaturgo di corte

Titolo originale:

Shakespeare, Court Dramatist

Contenuto del libro:

Shakespeare, Court Dramatist è incentrato sull'affermazione che le corti di Elisabetta I e di Giacomo I hanno avuto un ruolo molto più importante nella vita creativa di Shakespeare di quanto si pensi.

Richard Dutton sostiene che molte, forse la maggior parte, delle opere di Shakespeare sono sopravvissute in versioni adattate per la presentazione a corte, dove la lunghezza non era un problema (e anzi era incoraggiata) e il virtuosismo retorico era apprezzato. La prima metà dello studio esamina il patrocinio del teatro da parte della corte durante la vita di Shakespeare e il ruolo cruciale dei suoi Masters of the Revels, che supervisionavano tutti gli spettacoli (oltre a censurare le opere da rappresentare in pubblico).

Dutton esamina l'emergere dei Lord Chamberlain's Men e dei King's Men, ai quali Shakespeare era legato come "poeta ordinario", e passa in rassegna ciò che si sa sulla revisione delle opere teatrali nel primo periodo moderno. La seconda metà dello studio si concentra in dettaglio su sei opere di Shakespeare che esistono sia in testi più brevi e meno curati che in testi più lunghi e familiari: Enrico VI parte II e III, Romeo e Giulietta, Enrico V, Amleto e Le allegre comari di Windsor. Dutton sostiene che non si tratta di versioni ridotte, ma di originali malridotti che Shakespeare ha rielaborato per le rappresentazioni di corte, trasformandoli in quelli che oggi conosciamo meglio.

Anche le revisioni più localizzate di opere come Tito Andronico, Riccardo II ed Enrico IV Parte II possono essere spiegate meglio in questo contesto. La corte, sostiene Richard Dutton, è ciò che ha reso Shakespeare Shakespeare.