Il centro precario, ovvero Quando reggerà la narrazione africana?

Titolo originale:

The Precarious Center, or When Will the African Narrative Hold?

Contenuto del libro:

La mia preoccupazione in questo libro, Il centro precario, è il grado in cui gli africani si sono innamorati dell'occidentalità attraverso la lingua greca, inglese, francese, tedesca, spagnola e portoghese, a scapito delle idee e degli ideali africani. Solo nel ricentramento del mondo africano nella propria soggettività narrativa può esistere la vera libertà di pensiero, l'innovazione e la liberazione come modo per migliorare la conoscenza umana. L'Accademia paneuropea, con tutto il suo capitale strutturale accumulato nel corso dei secoli e incorporato nei sistemi educativi degli africani, ha continuato a dominare la base teorica e valoriale delle ricerche africane.

In questa prefazione, il punto è che le nozioni occidentali fondate sui miti e sui memi della società greca cancellano tutte le altre possibilità e rafforzano l'idea di superiorità europea in un mondo multietnico e multiculturale. Alla ricerca di un senso più ampio di quello che il pluripremiato africologo Ibram Kendi chiama il vero progetto intellettuale, voglio vedere un rispetto totale per tutte le culture. Pertanto, in questo libro affermo l'idea che per rafforzare l'uguaglianza della comunicazione globale e liberare lo spirito dell'umanità dobbiamo sfidare i memi assertivi dell'Occidente per lasciare spazio a una molteplicità di posizioni culturali.

In senso pratico, ciò significa che voglio esortare il lettore a esaminare come i memi delle realtà greche e romane siano correlati a quelli di altre civiltà classiche, nel tentativo di minimizzare il comportamento aggressivo anti-umano di coloro che non comprendono la totalità dell'esperienza umana. Sto suggerendo che è necessario essere consapevoli di Zeus e contemporaneamente scoprire in questo simbolo greco gli psico-miti che infestano il nostro tempo presente. Naturalmente, non intendo proiettare né Ra né Odudua come superiori a Zeus, ma solo che hanno un posto a tavola.

Poiché gli ambienti linguistici sono costruiti dagli esseri umani con il loro bagaglio o con quello che riescono a trovare nell'ambiente naturale, credo che possiamo ricostruire o aggiungere ambienti secondo le necessità per espandere la nostra comprensione. Uno dei corsi che tengo all'Università è quello di Medio Egiziano e, dopo aver insegnato per tanti anni, mi sorprende raramente scoprire che molti studenti si avvicinano a questa materia con timore, perché non hanno mai capito quale fosse il ruolo dell'Africa classica nell'equazione della vita. Hanno qualche idea sui Maya, sui cinesi, sugli indiani, ma poca conoscenza della parola africana, sia nel suo contesto antico che in quello contemporaneo.

Sebbene non sia proprio intenzione di questo libro esplorare tutti i modi in cui i miti greci ci hanno influenzato, penso che questo sia un corso appropriato per coloro che sono interessati a comprendere l'universo socialmente costruito. Vivendo in Occidente o in Africa, ci accorgiamo spesso che i nomi delle città, delle strade, dei giorni della settimana, dei pianeti, delle stelle e persino delle corporazioni hanno un orientamento tipicamente occidentale e si basano sui nomi creati dagli europei per catturare il loro ambiente costruito.