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Michael Snow: Wavelength
Uno studio illustrato sul "film zoom" di Michael Snow, diventato una pietra di paragone per gli studi sull'arte e sul cinema.
Nel 1966, all'apice della minimal art newyorkese, l'artista Michael Snow scelse di non realizzare un altro oggetto da collocare in una stanza, ma dedicò un anno alla progettazione di un film di una stanza: Wavelength, uno zoom di quarantacinque minuti più o meno in linea retta dalla parete vicina a quella lontana di un loft, accompagnato da un'onda sinusoidale crescente. In questo studio illustrato, Elizabeth Legge descrive Wavelength come un film di tensioni virtuosamente gestite, di bellezza sensuale, di luce e colore sottili e di recessione nella profondità prospettica. Allo stesso tempo, sottolinea l'autrice, è anche austero: il loft in cui si svolge l'azione potrebbe essere l'ultimo avamposto impiegatizio di un'azienda defunta. Lo zoom è scandito da quelli che Snow ha laconicamente definito "4 eventi umani": una donna dirige due uomini che trasportano una libreria e la posizionano contro la parete sinistra della stanza; due donne entrano e ascoltano alla radio "Strawberry Fields" dei Beatles; un uomo appare brevemente dopo lunghi rumori di schianti e vetri rotti, si gira e cade morto; una giovane donna entra nella stanza e telefona spaventata riferendo del morto ("E non sembra ubriaco, sembra morto"). Wavelength vinse il gran premio per il cinema sperimentale a Knokke-le-Zoute nel 1967 e fu fondamentale per gli sforzi della critica di stabilire un vocabolario per l'arte temporale.
Si trattava di una "lunghezza d'onda" in grado di reggere il confronto con la Nouvelle Vague francese, e da allora ha funzionato come pietra di paragone per gli studi artistici e cinematografici, e come schermo blu davanti al quale si sono svolti diversi drammi ideologici e intellettuali.
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Ultima modifica: 2024.11.08 20:28 (GMT)