Questioning Cosmopolitanism
Wim Vandekerckhove e Stan van Hooft Al filosofo Diogene il Cinico, nel IV secolo a.C., fu chiesto da dove venisse e quale fosse il suo posto. Egli rispose di essere un "cittadino del mondo" (kosmopolits).
Questo lo rende la prima persona conosciuta che si è definita cosmopolita. Un secolo dopo, gli stoici svilupparono ulteriormente questo concetto, affermando che l'intero cosmo non era altro che una polis, il cui ordine era il logos o la retta ragione. Vivere secondo la retta ragione implicava mostrare bontà a tutto il genere umano.
Nel corso del primo cristianesimo, al cosmopolitismo furono date varie interpretazioni, a volte del tutto contrarie alla nozione inclusiva degli stoici. L'interpretazione di Agostino, ad esempio, suggeriva che solo coloro che amano Dio possono vivere nella "Città di Dio" universale e senza confini.
In seguito, la riscoperta degli scritti stoici durante il Rinascimento europeo ispirò pensatori come Erasmo, Grozio e Pufendorf ad attingere al cosmopolitismo per sostenere la pace nel mondo attraverso la tolleranza religiosa e una società di Stati. La stessa ispirazione si ritrova nelle rivoluzioni americana e francese.
Nel XVIII secolo, filosofi dell'enligenza come Bentham (attraverso l'utilitarismo) e Kant (attraverso la ragione universale) svilupparono versioni nuove e molto diverse del cosmopolitismo, che oggi sono le fonti principali della filosofia cosmopolita. Il XIX secolo ha visto lo sviluppo di nuove forme di ideali transnazionali, tra cui la critica di Marx al capitalismo a nome di una classe operaia internazionale.
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Ultima modifica: 2024.11.08 20:28 (GMT)