Il libro delle vedove

Titolo originale:

The Book Concerning Widows

Contenuto del libro:

Lo scrittore stesso ci informa all'inizio del suo trattato di essersi sentito spinto dall'esempio di San Paolo, dopo aver parlato delle vergini, a continuare con il tema delle vedove. Ma c'era anche un'altra questione nella sua diocesi che lo toccava personalmente e che lo spinse a riprendere subito l'argomento.

Una certa vedova che aveva diverse figlie, alcune già sposate e altre in età da matrimonio, cominciò a pensare a un secondo matrimonio per sé. Sant'Ambrogio, in parte per il suo bene, in parte perché non si pensasse che egli avesse in qualche modo consigliato questo passo, pubblicò il seguente trattato. In primo luogo afferma che la professione della vedovanza si avvicina molto a quella della verginità, ed è da stimare molto al di sopra dello stato matrimoniale.

Lo dimostra la testimonianza di San Paolo e la descrizione di una vedova vera e propria, oltre a numerosi esempi tratti dall'Antico e dal Nuovo Testamento. Dopo aver menzionato la madre della moglie di San Pietro, si rivolge più in particolare alla vedova per la quale sta scrivendo, anche se evita di menzionarne il nome, sottolineando quanto vuoti e insufficienti siano tutti i motivi che ella adduce per risposarsi.

Il vincolo matrimoniale è infatti, dice, santo e buono, e gli sposati e i celibi sono come diversi tipi di fiori nel campo della chiesa. Tuttavia, c'è più grano prodotto che gigli, più sposati che vergini. Fa notare che la vedovanza è stata tenuta in disonore solo dagli idolatri, per cui può benissimo essere tenuta in onore dai cristiani.

Sant'Ambrogio non condanna un secondo matrimonio, pur anteponendo la vedovanza, in quanto è tenuto a condurre coloro che sono affidati alle sue amorevoli cure al massimo grado di perfezione possibile. Il trattato fu scritto non molto tempo dopo quello sulle Vergini, cioè poco dopo il 377 d.C..