Dal grande schermo al digitale: Breve storia della tecnologia cinematografica

Titolo originale:

Silver Screen to Digital: A Brief History of Film Technology

Contenuto del libro:

È finita un'epoca. Dopo centoventicinque anni, nelle sale cinematografiche è avvenuto un cambiamento.

Le migliaia di figure formate da pigmenti argentati e colorati non possono più essere viste attraverso una pellicola trasparente, ma tutto è diventato digitale, compresso, virtuale e costruito nel rapido alternarsi di milioni (si spera, per la qualità) di punti, o pixel, all'interno di una griglia molto ordinata e minuscola. Ma la proiezione è solo l'ultimo anello di una catena che sta trasformando il linguaggio più diretto inventato dall'umanità nel corso dei secoli. Gli altri anelli - riprese, montaggio, effetti speciali, rielaborazione e riproduzione del suono - hanno ormai subito trasformazioni radicali che spesso hanno significato un progresso.

Forse vale la pena, allora, accettata una volta per tutte questa trasformazione-rivoluzione, capire da dove siamo partiti, come è nato il linguaggio cinematografico e come la sua grammatica prima e la sua sintassi poi si sono evolute grazie allo sviluppo tecnologico. Senza apparecchiature leggere per la registrazione del suono, emulsioni sensibili, illuminazione portatile e compatta, non sarebbe stato possibile, alla fine degli anni '50, ad esempio, creare "correnti" di sperimentazione e di concetto identificabili sotto titoli come free cinema o nouvelle vague, che si basavano in gran parte su riprese dal vero e non più ricostruite in studio.

Quello che oggi i cineasti possono realizzare in modo ancora più efficace grazie a una serie di tecnologie digitali, paradossalmente consiste nel lavorare con attrezzature ancora più ridotte, come uno smartphone, davanti a schermi verdi o blu, su sfondi assolutamente virtuali. In breve: niente più argento e sempre più pixel.